giovedì 29 settembre 2011

Inizia un nuovo anno. Una riflessione alla luce dei recenti dati OCSE

L'inizio dell'anno scolastico è un momento che si addice a nuove riflessioni, propositi, aspettative che coinvolgono dirigenti, docenti, studenti e famiglie. Di questi giorni sono le notizie sull’ultimo rapporto OCSE del 6 luglio scorso riguardanti i dati sulle bocciature che hanno sollevato un acceso dibattito. L’argomento ci sembra rilevante e vorremmo affron-tarlo offrendo alcune riflessioni e auspicando il contributo di quanti seguono questa newsletter. Il 13% degli studenti arrivati ai 15 anni, dice il rapporto riferendosi a tutti i paesi del-l’area OCSE, hanno ripetuto  almeno un anno scolastico. Il 7% alle elementari, il 6% alle medie, il 2% alle scuole superiori. Il numero di bocciati in Italia è del 18%, Francia e Belgio superano il 30%. Questo comporta una spesa scolastica non indifferente a livello nazionale - si parla di una media di 5000 euro per ogni alunno. Anche il ritardo di un anno a entrare nel mondo del lavoro apporta un aggravio al sistema economico di una nazione, senza contare le ripercussioni di tipo sociali e psicologiche sugli studenti. Dal punto di vista dell’apprendimento, studi scientifici affermano che ripetere l’anno non migliora la performance degli alunni.
Di contro non esiste l’uso della bocciatura nei sistemi educativi dei paesi anglosassoni, Islanda e Norvegia.
L’etimologia della parola “bocciare” deriva dal gioco delle bocce e cioè il momento in cui si sbalza fuori la palla avversaria, eliminando il tentativo di avvicina-mento al “pallino”. La bocciatura, che avviene per motivazioni spesso molto diverse, viene vista come un’arma in mano a insegnanti e genitori per “obbligare” i ragazzi a studiare.
Si trasforma così l’obiettivo dell’apprendimento nell’obiettivo di essere promossi.
I new media hanno rivoluzionato le modalità dell’apprendimento ma spesso al processo di insegnamento non è accompagnata una didattica altrettanto “rivoluzionaria”.
Si dovrebbe puntare sulla formazione degli insegnanti, che non è istituzionalizzata in confronto ad altre agenzie dove l’aggiornamento e la formazione fanno parte integrale della professione. Formazione e aggiornamento vengono visti come accessori ad essa, con un aggravio economico sostenuto dagli stessi docenti. Il nostro Paese ha bisogno di una riforma strutturale coraggiosa che dia una visione moderna dell’istituzione scuola, che valorizzi l’orientamento, che apra spazi e interagisca con la società reale, che “pro-muova” e si prenda cura delle fasce deboli, fornendo strumenti per una vera lifelong learning education. Già 40 anni fa Don Milani aveva centrato la mission della scuola: la scuola dell'obbligo deve essere formativa, lo studente ha diritto a 8 anni di scuola, cioè a 8 classi diverse; quando sussistono disuguaglianze culturali tra ragazzi di provenienze sociali differenti, tocca alla scuola aiutare a sanarle e non scacciare prima del tempo il ragazzo in difficoltà.
La scuola di Barbiana non era certo una scuola permissiva, non bocciare non significava essere indulgenti. Si studiava per 10 ore al giorno tutti i giorni, compresi la domenica, le feste e l'estate. Forse essa ha ancora molto da dirci.

Patrizia Mazzola

martedì 20 settembre 2011

CAMBIA....MENTI: Corso di aggiornamento su intercultura, globalizzazione, ambiente e nuova economia

Il secondo corso “Cambia…Menti” tratterà le tematiche riguardanti: globalizzazione e fraternità, intercultura, economie e cultura del dare, ambiente e consumi responsabili. Si propone di supportare i docenti che intendono costruire percorsi di educazione sulle tematiche sopracitate, con la creazione e condivisione di strumenti didattici, strategie in atto, percorsi condivisibili e buone pratiche che aiutino i docenti stessi a sviluppare nei propri studenti una consapevolezza sui temi della globalizzazione.

sabato 17 settembre 2011

A Milano la prima udienza per lo stop alla classe di soli "stranieri"

da "La tecnica della scuola"
La prima a spiegare gli effetti negativi della decisione dell’Usr lombardo è stata una donna marocchina: la donna ha spiegato di aver voluto iscrivere il bimbo di 6 anni, attualmente lasciato in Marocco, nella stessa scuola della sorellina per evitare di dover accompagnare ciascun figlio in una scuola diversa. “Ho lasciato mio figlio in Marocco - ha detto al giudice - perché sono vedova di un uomo italiano e ne ho altri quattro, da accompagnare ognuno in una scuola diversa, e una di queste è quella di via Paravia, dove speravo di iscrivere anche quello che è rimasto dalla nonna materna”.

lunedì 5 settembre 2011

TROPPI STRANIERI, CLASSE SOPPRESSA

da Città Nuova:
"Torna agli onori delle cronache la scuola di via Paravia, dove la prima elementare non è stata formata perché su 17 alunni 15 erano stranieri. Di cui 13 nati in Italia.
San Siro è zona di case popolari con un'alta presenza di immigrati, tanto che alcuni anni fa proprio in quella scuola vi fu già una classe di soli stranieri. Ora, visto che la classe soppressa conferma questa tendenza, il non averla formata potrebbe significare la chiusura dell'istituto. Una scuola che entrerà comunque nella storia sociale di Milano, perché è stata la vera trincea-laboratorio sul tema immigrazione tra i bambini."

scrivici: scuolaaperta_pa@libero.it

Chi rinuncia alla libertà per raggiungere la sicurezza, non merita né la libertà né la sicurezza. Benjamin Franklin